(Il testo riportato non riveste carattere di ufficialità)
composta
dai signori:
Presidente
Prof. Francesco Paolo CASAVOLA
Giudici
Prof. Gabriele PESCATORE
Avv. Ugo SPAGNOLI
Prof. Antonio BALDASSARRE
Prof. Vincenzo CAIANIELLO
Avv. Mauro FERRI
Prof. Luigi MENGONI
Prof. Enzo CHELI
Dott. Renato GRANATA
Prof. Giuliano VASSALLI
Prof. Francesco GUIZZI
Prof. Cesare MIRABELLI
Prof. Fernando SANTOSUOSSO
Avv. Massimo VARI
Dott. Cesare RUPERTO
ha
pronunciato la seguente
nel
giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 4, settimo comma, della legge
30 dicembre 1991, n. 412 (Disposizioni in materia di finanza pubblica),
promosso con ordinanza emessa il 24 novembre 1993 dal Tribunale amministrativo
regionale della Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, sul ricorso
proposto da … (OMISSIS) .. contro la
u.s.l. n. 11 della Calabria ed altri, iscritta al n.434 del registro ordinanze 1994
e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 30, prima serie
speciale, dell’anno 1994.
Visto
l’atto di intervento del _Presidente del Consiglio dei ministri;
udito
nella camera di consiglio del 23 novembre 1994 il Giudice relatore Mauro Ferri.
Ritenuto
che il TAR della Calabria, sezione staccata di Reggio Calabria, ha sollevato -
con ordinanza del 24 novembre 1993 - questione di legittimità costituzionale,
in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dell’art. 4, settimo comma, della
legge 30 dicembre 1991, n. 412, nella parte in cui stabilisce, per i medici
dipendenti del Servizio sanitario nazionale, l’incompatibilità col rapporto
d’impiego dell’esercizio dell’attività libero-professionale presso strutture
private convenzionate con il Servizio medesimo;
che, ad avviso del giudice a quo, premesso che la
ratio della norma sembra quella di evitare l’elusione del principio di unicità
del rapporto di lavoro con il Servizio sanitario nazionale (principio posto nel
primo periodo della norma stessa), non appare giustificata la disparità di
trattamento che si verifica tra i medici dipendenti del Servizio sanitario
“nelle diverse situazioni, rispettivamente, di esistenza o di immediato
approntamento della struttura atta a consentire loro l’attività libero
professionale inframuraria e/o di esistenza, nell’ambito territoriale della
u.s.l. di appartenenza, di strutture private non convenzionate, e di situazioni
di assoluta o protratta inesistenza di siffatte condizioni, sia per omissioni e
ritardi dipendenti dalle uu.ss.ll., sia per generalizzato convenzionamento
delle strutture sanitarie private del territorio”;
che, sempre ad avviso del remittente, per sopperire
a tale disparità di trattamento occorrerebbe “consentire che, accertata la
carenza nel territorio della u.s.l. di strutture sanitarie private non
convenzionate e nelle more dell’approntamento delle strutture interne per
l’esercizio dell’attività libero professionale inframuraria, il medico
dipendente pubblico possa essere autorizzato - esercitando eventualmente i
dovuti controlli e prendendo gli accorgimenti idonei al fine di evitare, per
quanto possibile, l’eventualità di un convenzionamento o di un rapporto di
dipendenza tra il medico e la struttura privata convenzionata con il Servizio
sanitario nazionale - a svolgere la libera professione anche presso strutture
private convenzionate”;
che é intervenuto in giudizio il Presidente del
Consiglio dei ministri, concludendo per l’infondatezza della questione.
Considerato che questa Corte ha già avuto modo di
affermare (sent. n. 457 del 1993, ord. n. 214 del 1994) che la norma impugnata,
data la peculiarità della natura e delle funzioni delle istituzioni sanitarie
private convenzionate, costituisce frutto di una non irragionevole valutazione
discrezionale di politica sanitaria, ispirata dall’intento di assicurare la
massima efficienza e funzionalità operativa all’organizzazione sanitaria
pubblica, in attuazione del principio sancito dall’art. 32 della Costituzione;
che, ciò posto, appare evidente come il giudice a
quo, nel lamentare la diversità di trattamento tra medici a seconda della
esistenza o meno, nell’ambito territoriale della u.s.l. di appartenenza, di
strutture private non convenzionate, non ché dell’esistenza o meno, all’interno
della struttura pubblica, di spazi adeguati per l’esercizio della libera
professione intramuraria, prospetta disparità di mero fatto, come tali
ininfluenti ai fini del sindacato di costituzionalità, e la cui eliminazione,
d’altronde, oltre a richiedere una disciplina che investe la discrezionalità
del legislatore (come chiaramente dimostra il complesso petitum dell’ordinanza
di rimessione), finirebbe inevitabilmente col vanificare le anzidette finalità
della norma impugnata;
che, in conclusione, la questione deve essere dichiarata
manifestamente infondata.
Visti
gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo
comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.
dichiara
la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale
dell’art. 4, settimo comma, della legge 30 dicembre 1991, n. 412 (Disposizioni
in materia di finanza pubblica), sollevata, in riferimento all’art. 3 della
Costituzione, dal TAR della Calabria - sezione staccata di Reggio Calabria -
con l’ordinanza in epigrafe.
Così
deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta,
il 12/12/94.
Francesco
Paolo CASAVOLA, Presidente
Mauro
FERRI, Redattore
Depositata
in cancelleria il 23/12/94.